Ciborituale
Ciotola in terracotta,
forma essenziale che racchiude
nutrimento,
rappresenta il ritorno alla
terra,
come fonte primordiale di
vita.
Intervista a cura di Federico Frasson
Nota biografica.
Saul Costa nasce a Vicenza nel 1974, si diploma in Grafica pubblicitaria e Fotografia. Amplia e completa la sua formazione presso la sezione di Pittura dell’Accademia di Belle Arti di Venezia. Congiuntamente all’esperienza artistica, da tredici anni si dedica all’insegnamento del disegno e della storia dell’arte. Dal 1997 ha partecipato a trenta esposizioni, di cui ventidue collettive e otto personali, oltre a vari concorsi a livello nazionale.
F.F. Come nasce l’idea dell’era cibo rituale?
S.C. Il cibo è da sempre condivisione ed è elemento essenziale che nutre e che deriva dalla terra, così come la ciotola di terracotta. Il rituale di consumo comune segna l’ingresso in una rete di relazioni comunitarie. Cibo, strumenti di cottura come i forni, ciotole, non sono altro che oggetti che mediano simbolicamente il valore dei legami, l’espressione delle relazioni delle persone coinvolte e questa funzione è così forte da caratterizzare il tipo di rete sociale all’interno delle quali vengono posti in atto.
F.F. Quanto è importante capire il significato dell’opera e non solo farcela piacere per l’estetica?
S.C. L’impatto emotivo che un’opera suscita è indubbiamente importante. L’estetica, il piacere che ne si può trarre, ci appaga. Fermarsi all’apparenza però non basta; avendo la curiosit di approfondire e capire l’opera, si può trarre dalla stessa un arricchimento culturale. Parto dal principio che l’artista è come un veggente, va al di l delle sensazioni e delle apparenze che normalmente la societ può percepire e le esprime attraverso la propria opera, ha una sorta di responsabilit verso la societ a cui destina il proprio lavoro e spesso accade che esso venga rivalutato a distanza di tempo.
F.F. Da dove nasce la tua arte e a cosa ti ispiri?
S.C. Il mio rapporto con l’arte nasce da sempre e cioè sono sempre vissuto all’interno di uno spazio, di un luogo intriso d’arte. La bottega artigianale di mio padre ha avuto molteplici rapporti con artisti più o meno importanti e per questo era diventata un luogo di scambio di idee e di frequentazioni attivo e coeso. Inoltre sono stato educato all’arte attraverso il contatto continuo e costante con artisti, mostre, laboratori, spazi espositivi. Il filo conduttore della mia ricerca è la spiritualit e la sacralit nel legame che unisce l’uomo a Dio. Non è un tema nuovo, esiste sin da quando l’essere umano si è posto il problema di capire il significato della propria esistenza. Il modo in cui indago questa tematica si compone di diverse sfaccettature, inclusa quella che riguarda il rapporto con il cibo in un rituale di consumo comune.
F.F. Qual è stata la tua formazione?
S.C. Come gi accennato, nasco in un contesto naturalmente favorevole all’approfondimento dell’arte, per cui, raggiunta l’et della ragione, è stato ovvio fare scelte per intraprendere percorsi relativi allo studio dell’arte. E’ così che ho conseguito dapprima il diploma di Grafica pubblicitaria e Fotografia e successivamente mi sono formato all’Accademia delle Belle Arti di Venezia nella sezione Pittura, dove ho potuto confrontarmi con maestri quali Luigi Viola, Giovanni Quaresimin, Marco Nereo Rotelli. Lo studio però non si esaurisce con il percorso scolastico. E’ la passione che muove gran parte degli approfondimenti alle tematiche affrontate. Ecco allora che tutti i viaggi intrapresi, in particolar modo nel Mediterraneo, costituiscono dei veri e propri “appunti” paragonabili a un “moleskine”, i leggendari taccuini in cui “cultura, immaginazione, memoria, viaggio e identit personale” si concretizzano e ai quali affido i pensieri più istintivi e privati.