Intervista a cura di Federico Frasson
F.F. Iniziamo con la domanda da un milione di dollari: cos’è l’arte, per te?
M.P.S. L’arte per me è vita, non è semplicemente fare, ma ascolto profondo, interrogazione sul senso del nostro percorso, strumento di comunicazione.
Elemento chiave del mio lavoro sono le mie esperienze come donna, madre, moglie, figlia. Si tratta di un’identit che da una parte ha accentuato la mia sensibilit dall’altra mi ha conferito un’incredibile capacit di osservazione. E’ una combinazione di emotivit e schiettezza, che infonde forza ai temi trattati senza diluirne l’essenza. Il linguaggio fotografico mi permette di muovermi con grande libert espressiva.
F.F. Come è nata la tua opera in collaborazione con Yesovens, con quali riflessioni?
M.P.S. Spesso nel creare mi trovo a sperimentare per ottenere ciò che ho in mente. Tempo fa ho infornato delle piccole borse, interessante come il calore ne cambiava la forma e il colore. Il risultato era imprevedibile, stupefacente anche per altri piccoli oggetti.
Soffermandomi su quello che stavo facendo, cioè sulla trasformazione, il mio pensiero è stato sugli effetti che la cottura dei cibi produce, in quanto cerco sempre di preservare la loro propriet. Guardando la linea Mosaico di Yesovens e la loro filosofia, piccoli tasselli hanno preso forma nell’opera “Riflessi”.
Al suo interno pochi elementi che si riproducono attraverso la fotografia, per esprimere concetti come cielo e terra, vita e morte, natura e societ.
F.F. La tua ricerca ruota intorno alla borsa, un oggetto di uso comune. Come si trova l’arte nelle cose di ogni giorno?
M.P.S. Contenitore di oggetti, accessorio di uso femminile, rivelatrice dello stile di vita; è proprio qui che intervengo dissacrando completamente le mansioni storiche di quest’oggetto, trascendendolo e trasformandolo in un mezzo per indagare il mondo femminile.
Nelle mie mani e nella mia mente, i soggetti pescati direttamente dal quotidiano si trasformano, nobilitati in altro. Elementi apparentemente estranei l’uno all’altro, si catalizzano attorno ad un senso compiuto. Tra immaginario e realt, tra passato e presente costruisco dei ponti fortuiti tra infinite divisioni semantiche e temporali.
F.F. Essere un artista cambia il modo di vivere gli oggetti e le attivit quotidiane, come ad esempio mangiare? Come?
M.P.S. Viaggio molto, in luoghi lontani, culturalmente diversi e da questi popoli ho imparato quanto sia importante il rito del cibo; ogni sorso, ogni boccone donato racchiudeva in sé la storia di quelle mani tese davanti a me!
Essere artisti è percepire emozioni che vengono da ogni luogo: dal cielo e dalla terra; l’arte rende tangibile la materia di cui sono fatti i sogni.
Ogni giorno cerco la felicit possibile, credo che non ci sia ricetta per questo; ma sicuramente l’attenzione per le piccole cose ci aiuta nel stare meglio e il mangiare bene è fra queste!
F.F Oggetti elevati ad arte, ma in fondo anche un po’ feticci: l’arte rivela le fissazioni della societ, o le crea?
M.P.S. Sicuramente l’arte rivela, in quanto può esprimersi liberamente senza censure, l’artista può denunciare il silenzio della societ, il silenzio della storia portandole nell’opera.
Sono invece create, quando la produzione artistica è semplificata in iperboli decorative; quando i musei funzionano da casse di risonanze per eventi mediatici costruiti in funzione di un mercato fittizio, quando la funzione artistica si appiattisce sul flusso della comunicazione.
F.F Ormai anche il cibo, l’esperienza più quotidiana, è sempre più fotografato, condiviso ecc: quando e come il cibo può essere arte?
M.P.S. I tre principali veicoli di informazione: testo scritto, immagini, suoni, ci forniscono una gran quantit di contenuti, l’apparenza sicuramente ci può ingannare; ma bisogna capire che la funzione del cibo e dell’arte sono parti essenziali di ogni cultura.
Il buon cuoco nella propria arte, unisce alla scienza, intesa come conoscenza, l’espressione creativa di sé, il gusto per la ricerca, l’attenzione per l’altro.
Il cibo può essere arte quando l’autore (cuoco) imprime una marca di originalit che lo rende irripetibile e irriproducibile; la ricetta-pietanza diventa l’opera stessa dell’autore.